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Posts Tagged ‘guerra’

La decisione presa dal governo italiano di rispondere alle richieste del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e della NATO e partecipare attivamente ai  bombardamenti aria-terra contro le truppe lealiste di Muhammar Gheddafi segna un grave salto di qualità nel coinvolgimento del nostro paese in un conflitto che, dopo un mese dal suo inizio, appare congelato un una fase di stallo.

E’ evidente che la coalizione internazionale non ha alcuna intenzione di sostenere una soluzione negoziata alla guerra  che sta insanguinando il paese. Un tale scenario –  nonostante i tentativi di mediazione per un immediato cessate il fuoco, proposti da vari paesi e coalizioni, ultimo in ordine di tempo la Russia – rischia di degenerare ulteriormente in guerra totale, nella quale le prime vittime saranno le popolazioni civili da una parte e dall’altra.

Crimini di guerra si registrano ormai quotidianamente, i bombardamenti sulle città si susseguono, da Misurata a Tripoli, senza che la comunità internazionale sia in grado di verificare l’entità dei danni alle infrastrutture ed alle popolazioni civili. Proprio quelle popolazioni in nome delle quali il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato l’intervento. Con il passare del tempo, risulta evidente come una missione partita senza una chiara finalità si è  progressivamente trasformata  in un’operazione che nulla ha a che vedere con il supposto obiettivo di proteggere i civili, e svela definitivamente le sue ambiguità e contraddizioni.

E’ altrettanto colpevole l’amnesia intenzionale con la quale si cancella con un colpo di spugna una sanguinosa pagina del passato coloniale italiano quando decine e decine di migliaia di civili  libici furono uccisi nei bombardamenti aerei. Con le bombe umanitarie dei Tornado si compie oggi un’ulteriore attacco alla nostra Costituzione, si allarga la zona d’ombra che ha permesso finora al nostro paese di partecipare a conflitti armati quali quello in Iraq ed Afghanistan.  Da oggi, si apre   una nuova fase nella quale, grazie al supporto bipartisan assicurato dai principali schieramenti politici presenti in Parlamento, il governo italiano rinuncia a svolgere un ruolo nella soluzione diplomatica della crisi optando definitivamente per lo strumento militare.

Sinistra Ecologia Libertà esprime la sua netta opposizione alla decisione di partecipare ai bombardamenti in Libia,  punto di arrivo di un’escalation iniziata nei giorni scorso con l’invio di istruttori militari in supporto alle operazioni delle forze del governo di transizione di Bengasi.  L’Italia deve piuttosto attivarsi per  un cessate il fuoco immediato e l’avvio di un negoziato tra le parti in conflitto, sulla scorta delle proposte fatte dall’Unione Africana e riprese da alcuni paesi latinoamericani e la Russia,  affinché si ponga fine allo spargimento di sangue, in sostegno ad un  processo di transizione  nel quale il popolo libico possa scegliere definitivamente con quali modalità chiudere l’era di Gheddafi e costruire un futuro di pace, libertà e democrazia.
Francesco Martone
Roberto Musacchio
Patrizia Sentinelli
Giuliana Sgrena

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Ogni volta che Berlusconi l’accarezza, la pancia degli italiani risuona come un tamburo ed emette suoni intensi come gli applausi che hanno accompagnato la performance del cavaliere a Lampedusa. Peccato che quando Berlusconi avrà tolto le tende dalle istituzioni repubblicane (un giorno accadrà, se non altro per raggiunti limiti di età) resterà intatto il gorgoglio delle pance italiane, il loro appetito di effetti speciali, di promesse da suk, di parole rumorose. E finirà che ce ne fabbricheremo uno di legno, di Berlusconi, come i naufraghi bambini del “Signore delle mosche”.

In termini medici Silvio Berlusconi, con le sue menzogne, le sue grossolanità, i suoi deliri latini, è solo il sintomo. La patologia siamo noi. Capisco che a scriverlo così mi sento come certi irrimediabili anziani annoiati e sfiduciati: ma stiamo parlando di una stagione politica e civile lunga quasi come il ventennio di Mussolini e abbastanza capiente da raccogliere un’intera generazione di italiani. Che sono cambiati. In peggio. Lo dico anche da siciliano, addolorato non tanto dalle palle spaziali che recitava il premier sul palchetto di Lampedusa ma all’applauso isterico che gli tributavano gli isolani, come se davvero la risposta alla guerra in Africa e alla disperazione dei migranti fosse un green da 18 buche e un casinò. A un certo punto Berlusconi ha detto, come nemmeno Maria Antonietta avrebbe osato fare, che aveva incaricato il suo economo di comprare una casa da un milione e mezzo di euro sul’isola e che quel gioiellino lo avrebbe messo a disposizione dei villici locali: quando vi sentirete arrabbiati venite pure a imbrattarmela, se questo poi vi fa star meglio… Come le brioches lanciate alla plebe dai balconi di Versailles.

Ai francesi però girarono le palle, e la regina ci rimise la testa. Agli italiani, le palle non girano mai. Un po’ pacifisti, un po’ paraculi, aspettiamo sempre la sconfitta dei nostri rais prima di presentar loro il conto. Solo che Berlusconi non arriva da Marte. E’ italiano, italianissimo. E ci rassomiglia anche nei suoi numeri da cabaret. Prendete questa cosa della guerra. Ho visto certi onorevoli signori dell’opposizione dichiarare, con l’occhio lucido d’emozione fisso nella telecamera del tg, che la mozione sulla guerra loro non solo l’avrebbero votata ma avrebbero sostenuto ogni altra misura che servisse a ristabilire un clima di verità e di legalità in Libia. Sono gli stessi signori che non hanno mosso un muscolo negli anni in cui i nostri governi (tutti: di qua e di là) stipulavano fieri patti d’amicizia con Gheddafi. Adesso vogliono trascinarlo davanti a un tribunale internazionale dimenticando che tra gli imputati, per coerenza, meriterebbero di sedere tutti i ministri e i capi di governo europei che hanno garantito impunità, protezione e gloria politica a Gheddafi negli ultimi quindici anni.

Ci siamo imbarcati, intruppati nella retorica occidentale come giovani marmotte, in una guerra di cielo, di terra e di mare che abbiamo chiamato umanitaria perchè serve a salvare le vite dei libici perseguitati dal tiranno. Ma quegli stessi perseguitati, se arrivano a nuoto sulle nostre coste, li rispediamo a calci a casa loro perché la solidarietà si fa solo a casa degli altri, con le cannonate della no fly zone. Questo siamo, questo facciamo. E quando un guitto si presenta a per raccontarci del casinò e del campo da golf, invece di prenderlo a pernacchie gli regaliamo i nostri più sentiti applausi. In quel momento è a noi stessi che applaudiamo, al piacere delle nostre furbizie, agli egoismi di un popolo che si commuove per i morti e se ne fotte dei vivi, derubricandoli sbrigativamente a clandestini.

E allora, se vogliamo davvero sbarazzarci di Berlusconi, cominciamo a chiamare le cose con il loro nome. Quella che si combatte in Libia si chiama tecnicamente guerra. Con le sue otto basi militari operative e i suoi caccia in volo l’Italia è tecnicamente in guerra. E l’articolo 11 della Costituzione è ormai tecnicamente carta buona per avvolgerci i fritti di paranza che si cucinano a Lampedusa. Sarebbe un atto di lealtà proporre l’abolizione di questo articolo spiegando che ormai democrazia, modernità e petrolio non sono più in condizione di ripudiare la guerra. Al contrario, abbiamo bisogno di legittimarne definitivamente l’uso. L’importante è la scelta degli aggettivi da collocare accanto alla parola “guerra”: chirurgica, umanitaria, intelligente… Si presenti una bella mozione, magari bipartisan e con la benedizione del Quirinale, per spiegare che le guerre ogni tanto vanno fatte, e pazienza se il nemico di turno ieri l’altro era nostro amico.

Io, comunque, voterò contro.

Claudio Fava

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Il  Coordinamento Nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’, riunitosi oggi a Roma con la relazione di Nichi Vendola e la discussione successiva, ha approvato il seguente documento sulla vicenda libica:

La guerra contro la Libia è la risposta più sbagliata e pericolosa alla domanda di democrazia che si è affermata in tutto il Mediterraneo nel corso degli ultimi mesi. Chiediamo un immediato cessate il fuoco per consentire l’avvio di un negoziato tra le parti che abbia come interesse superiore quello della protezione delle popolazioni civili, con l’obiettivo di mantenere l’integrita’ e l’autonomia di quel Paese sotto un nuovo governo democratico. Chiediamo che si apra subito un corridoio umanitario per consentire ai profughi di salvarsi dalla guerra e l’immediata predisposizione degli strumenti piu’ adeguati per garantire ad essi un’accoglienza su tutto il territorio europeo

A meno di ventiquattro ore dall’avvio dei bombardamenti da parte della Coalizione dei volenterosi appare evidente che lo scenario più  probabile è quello di una vera e propria escalation militare, che potrebbe portare ad esiti che vanno ben oltre la stessa risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ivi compresa l’invasione militare terrestre delle forze della coalizione.

Il presidente Sarkozy ha ribadito, fin dall’avvio dei bombardamenti francesi, che l’obiettivo da perseguire è quello di “andare fino in fondo”, prefigurando uno scenario di guerra che è ben distante dalle iniziali dichiarazioni di protezione delle parti che avevano partecipato alla ribellione contro il regime totalitario del colonnello Gheddafi. Per questo, fin da subito, come Sinistra Ecologia Libertà, avevamo espresso la netta contrarieta’ per la parte della risoluzione 1973 che consentiva l’uso dell’offensiva militare ad una coalizione di cui, oggi, l’Italia fa pienamente parte. Questa risoluzione è tardiva, a fronte di una situazione sul campo libico che necessitava un celere intervento politico e diplomatico a favore degli insorti quando questi ultimi avevano il pieno controllo di una parte importante del Paese e prima che Gheddafi potesse riorganizzare le sue forze e procedere alla riconquista delle zone liberate dal suo regime. Le settimane che sono trascorse hanno evidenziato la debolezza dell’intervento politico della comunità internazionale, che non è riuscita neppure ad imporre le sanzioni economiche e commerciali che avrebbero davvero indebolito il regime di Gheddafi, dal congelamento dei conti e delle partecipazioni azionarie legate al rais fino all’indispensabile e totale embargo del commercio delle armi.

Siamo convinti che il principio della non interferenza negli affari dei singoli stati sia un delitto contro un principio più grande ed importante, quello del rispetto dei diritti umani. Siamo altresì convinti che ogni qual volta la parola “umanitario” si sia accostata alla guerra si siano prodotte violazioni e violenze ancora più gravi. La realpolitik seleziona i diritti umani a seconda degli obiettivi strategici. Accade così che in Yemen si spari sulla folla che protesta, provocando decine di vittime, che in Bahrein ci sia l’intervento repressivo dell’Arabia Saudita, per non parlare di quanto accade da anni in Somalia o, più recentemente, in Costa d’Avorio, senza che vi sia una reazione degna da parte della comunità internazionale a garanzia del principio, evidentemente per essa NON universale, della tutela dei diritti umani.

Consideriamo il colonnello Gheddafi uno dei peggiori dittatori del pianeta. Senza esitazioni, mentre gran parte dei paesi occidentali lo riveriva, ne abbiamo denunciato le nefandezze. Mentre il presidente del Consiglio Berlusconi si affannava nel baciamano al tiranno, grato per i suoi servigi economici ed ancor di piu’ per la ferocia con la quale la Libia controllava il flusso dei migranti dall’Africa, noi eravamo dalla parte di chi chiedeva la revoca del trattato con la Libia e l’immediata messa in opera di misure che proteggessero le vite dei migranti detenuti nel deserto libico.

Siamo stati fin dall’inizio e senza esitazioni dalla parte delle popolazioni che, sollevandosi, hanno rovesciato i regimi autocratici della Tunisia e dell’Egitto, cosi’ come abbiamo sostenuto e sosterremo le mobilitazioni per la liberta’ e la democrazia in Marocco, Algeria, Yemen, Bahrein e Albania. Lo abbiamo fatto con convinzione, sicuri che il complice silenzio di Paesi oggi in prima fila nella guerra, come la Francia e l’Italia, fosse motivato da opportunismo balbettante oltre che dalla reale incomprensione di cio’ che in quei Paesi stesse accadendo, a partire dalla scomparsa dell’orizzonte fondamentalista nella narrazione di quelle società. E’ evidente, infatti, che gli unici soggetti che avessero rapporti con quelle realta’ fossero le forze della societa’ civile internazionale, nelle quali pienamente ci riconosciamo, e non certo le diplomazie a lungo complici dei regimi.

Per noi il no alla guerra e l’inimicizia e l’avversione nei confronti di Gheddafi hanno ugual rilievo. Dobbiamo uscire dal vicolo cieco tra inerzia e guerra per generalizzare il tema dei diritti umani e della democrazia.

Per questo chiediamo che il nostro Paese non partecipi, in ottemperanza all’articolo 11 della Costituzione e anche in ragione del passato colonialista dell’Italia, alla guerra promossa dalla cosiddetta Coalizione dei volenterosi e che, al contrario, l’Italia si faccia promotrice di una iniziativa politica per determinare il cessate il fuoco e l’apertura del tavolo negoziale, oltre  a richiedere l’applicazione delle parti della risoluzione 1973 che consentirebbero di promuovere un’ intervento positivo per il cambio del regime e la protezione dei civili. Per ottenere questo risultato è fondamentale il coinvolgimento dell’Unione Africana e della stessa Lega Araba, che stanno prendendo pesantemente le distanze dall’intervento militare. Gli stessi Paesi che si sono astenuti sulla risoluzione 1973, a partire dalla Cina passando per la Germania, il Brasile e la Russia, stanno indicando nell’intervento militare una forzatura della stessa risoluzione. Insistiamo nel credere che sia il tempo del cessate il fuoco per consentire a forze  di interposizione sotto chiaro mandato dell’Onu, di Paesi che non abbiano partecipato all’attacco di queste ore e che non abbiano interessi economici diretti nell’area, di garantire la transizione alla democrazia e la protezione dei civili.

Siamo molto preoccupati per ciò che l’intervento militare può voler dire per le stesse domande di democrazia espresse in quell’area, pregiudicando la direzione progressista delle rivoluzioni arabe: dal silenzio dei governi occidentali alla guerra come unico strumento di relazione internazionale, siamo di fronte al peggior volto dell’occidente.

Riteniamo che ci debba essere un ruolo completamente diverso dell’Europa. L’iniziativa francese e l’inerzia tedesca rappresentano l’evidente assenza di una politica comune. Le pericolose dichiarazioni di irresponsabilità dei governi europei, in cui l’Italia tristemente primeggia, nei confronti dei profughi ne evidenzia la regressione culturale e civile. Essere una superpotenza affacciata su un mare in ebollizione comporta tutt’altre responsabilita’. Si adotti, quindi, una vera politica euro-mediterranea, che impedisca alla guerra di essere la “continuazione dell’inesistenza della politica”. Si affronti l’emergenza profughi sospendendo il Frontex e determinando una nuova politica di accoglienza ed integrazione di uomini e donne i cui diritti umani non possono essere difesi con le bombe nei Paesi di provenienza, per poi essere calpestati appena mettano piede sul suolo europeo. Non si dimentichi mai che la piu’ grande violazione dei diritti umani Gheddafi l’ha messa in opera proprio sui migranti, su mandato delle potenze europee, e che di queste violazioni in primo luogo dovrà rispondere al Tribunale penale internazionale. Una politica euromediterranea che sappia tutelare davvero i diritti e la sicurezza delle popolazioni, a partire dal riconoscimento dei diritti e della sicurezza reciproca di Israele e Palestina.

Siamo convinti che questo sia il momento di coinvolgere l’opinione pubblica in una generale mobilitazione per i diritti umani, la democrazia e la pace. Proprio per questo chiediamo di non militarizzare innanzitutto i pensieri, di non abbandonare mai lo spirito critico e la cognizione delle conseguenze che gli atti di queste ore possono determinare. La costruzione della pace è l’unica alternativa e non possiamo scoraggiarci dicendo che il suo raggiungimento sia pieno di ostacoli. Costruire la pace significa dire la verità, emanciparsi da ogni logica di campo, essere contro i dittatori senza esitazioni e stare sempre dalla parte delle popolazioni che subiscono le violenze delle guerre.

Sinistra Ecologia Libertà

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Sabato 17 aprile saremo in piazza, a fianco di Emergency, per chiedere la liberazione dei tre operatori sanitari italiani – Matteo Dell’Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani – arrestati da militari afghani e dalla Coalizione internazionale presso il centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah in Afghanistan.

Emergency chiede a tutti di partecipare “con uno straccio bianco di pace e non con bandiere e simboli di partito”.

Appuntamento alle 14:30 in Piazza San Giovanni a Roma.

per info: http://www.emergency.it/

Questo il comunicato stampa della segreteria di SEL di adesione alla manifestazione.

AFGHANISTAN

SEGRETERIA NAZIONALE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’:

DOMANI IN PIAZZA SAN GIOVANNI  IN SOLIDARIETA’ CON EMERGENCY

PER IL RILASCIO DELLO STAFF MEDICO

CONTRO L’IPOCRISIA DELLA GUERRA, PER UN’AZIONE DECISIVA DEL GOVERNO

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Siamo orgogliosi che in Italia esista un’associazione come Emergency, riconosciuta in tutto il mondo per la azione umanitaria e per la sua abnegazione.

E’ quanto si legge nel  messaggio di adesione della segreteria nazionale di  Sinistra Ecologia Liberta’ alla manifestazione di Emergency che si terra’ sabato 17 a Roma per la liberazione del suo staff sequestrato dal governo Karzai in Afghanistan.

Emergency – prosegue la nota di Sel – checche’ ne dicano i ministri del governo Berlusconi, e’ una storia di uomini e donne coraggiosi, che salvano vite e difendono l’informazione libera dalle bugie della guerra. Saremo con loro domani in Piazza San Giovanni, senza simboli di partito, ma con i nostri stracci bianchi, non in segno di resa : non ci arrenderemo all’abitudine delle guerre, delle violenze, delle sopraffazioni,  dell’ipocrisia. Quella di domani – conclude la nota del partito –  sara’ una grande manifestazione civile e democratica per affermare che gli operatori sanitari, i volontari di Emergency non sono soli, con loro l’Italia intera. E che le Autorita’ devono impegnarsi fino in fondo per il loro rilascio e per fare chiarezza su una vicenda vergognosa.

Il Comitato Nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’ che si riunisce domani a Roma ,anticipera’ la conclusione dei propri lavori per permettere a tutto il gruppo dirigente di Sel di partecipare alla manifestazione.

Lo rende  noto l’ufficio stampa nazionale di Sel

Roma, 15  aprile 2010

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